Dharma Aperto

Dharma Aperto è un articolato saggio che, pur nella traccia ideale del percorso iniziato con Karma Aperto (Moretti&Vitali, 2012), si sviluppa in maniera assai differente e originale. Il legame narrativo è garantito dalla circostanza. Come Karma Aperto inizia e termina a Roma, nel Cimitero Acattolico, Dharma Aperto comincia e finisce egualmente nella città eterna, questa volta nella Chiesa di Santo Stefano Rotondo al Celio. L’autore scopre che in un convento adiacente alla chiesa, oggi non più esistente perché inglobato in un ospedale, aveva vissuto fino alla sua morte nel 1952 il filosofo pragmatista ispano-americano George Santayana. Così, come il filo conduttore di Karma Aperto è stata la Beat Generation, cui apparteneva Gregory Corso seppellito nel Cimitero Acattolico romano ai piedi di Shelley, la suggestione ispiratrice di Dharma Aperto è costituita dai filosofi americani della corrente del Pragmatismo, William James, John Deweye lo stesso Santyana.

Dharma Aperto pone l’accento su una riflessione di respiro globale, ancorata saldamente a cavallo fra Oriente e Occidente. La nonviolenza risulta un elemento vivificatore del pensiero contemporaneo in tre aspetti centrali, che costituiscono le tre anime di cui è intessuta l’opera: la lotta alla sofferenza, l’ampliamento della sfera delle libertà e il rafforzamento della tolleranza. Si tratta di aspetti che rivestono effettiva centralità in un’ottica di costruzione di una Società Aperta, nel senso che il filosofo Karl Popper ha dato a questo concetto (La Società aperta e i suoi nemici, 1945). Questo aspetto teorico è il secondo importante legame – oltre ai tratti della struttura narrativa – fra Dharma Aperto e Karma Aperto, ben rimarcato dalla consonanza fra i due titoli.

Il percorso di Dharma Aperto assume tuttavia una propria cifra del tutto peculiare che lo differenza notevolmente da Karma Aperto. E’ l’uso narrativo assai singolare dell’immaginazione, in ognuno dei nove capitoli di cui si compone il libro. L’autore vi immagina un avvenimento iniziale che nella realtà non si è mai verificato, ma che dà il via alla riflessione sul tema in analisi. Tutti e nove questi avvenimenti potrebbero tuttavia essere plausibili sulla base dei reali sviluppi delle biografie e del pensiero delle personalità coinvolte, molte della quali già presenti in Karma Aperto, come Ginsberg e Savage, Tagore e Jung, Popper e Gandhi. L’immaginazione diventa lo strumento per estrarre dalla realtà ciò che di più significativo vi si cela. L’immaginazione rende intellegibili le basi comuni delle questioni man mano affrontate. La riflessione si dipana per ogni argomento cui è dedicato ciascun capitolo, delineando un auspicabile sviluppo futuro globalmente condivisibile, secondo un approccio di dialogo interculturale già vivo in Karma Aperto.

“Dharma” in sanscrito significa al contempo Essenza e Legge Naturale. Lungi dal costituirsi come una componente predeterminata e immutabile, nell’ottica dell’autore essa diventa simbolica del nucleo vivo di un dialogo trans-culturale, globale. Dharma Aperto allora misura il senso di un riflessione aperta, nella costruzione di un futuro comune il più possibile condivisibile grazie proprio al ruolo centrale che la nonviolenza garantisce, nell’alveo della visione etica d’impegno civile dei pragmatisti americani. Anche in Dharma Aperto – è questo il terzo legame con l’opera che l’ha preceduta - la riflessione sussiste nel dialogo fra Oriente ed Occidente. Ne scaturisce l’interazione fra la dimensione esteriore, legata alla nonviolenza del Mahatma, e la dimensione interiore, a partire dalla concezione di “anima” e “anima mundi” di Jung e Hillman.

Un ulteriore elemento di suggestione narrativa dai potenti significati evocativi è la forma circolare della Chiesa di Santo Stefano Rotondo. Ben prima di apprendere che vi fosse transitato il filosofo Santayana, l’autore era già solito soffermarsi tra le sue mura antiche in momenti di profonda introspezione. La sua particolare architettura circolare rievoca i mandala tibetani e indiani, accuratamente studiati dallo stesso Jung per il loro valore psicologico di centramento della personalità. A partire da una categoria di pensiero junghiana legata al fenomeno psicologico della circumambulazione, ovvero quella di Tenemos - luogo sacro del tempio e luogo privilegiato dell’interiorità –, l’autore conclude il suo percorso approdando alla necessità di rafforzamento dei diritti umani e civili di carattere progressivo. Man mano che si raggiunge un accordo sulla valenza globale di un certo aspetto della convivenza umana, è auspicabile che esso si strutturi in un Tenemos, ovvero una condizione giuridico-etica speciale, internazionalmente riconosciuta, in grado di affermarne la superiorità rispetto al rischio di involuzioni, se non di vere e proprie ricadute barbariche.

Infine, l’ultimo capitolo del volume rappresenta lo svelamento finale. L’autore esce allo scoperto, si presenta al matrimonio della figlia di un caro amico, il pensatore, giornalista e saggista italiano Tiziano Terzani. Ispirandosi al discorso realmente tenuto da Terzani in quell’occasione a Firenze, poco prima della sua scomparsa, si immagina un discorso tutto incentrato sulla nonviolenza. Sullo sfondo c’è la tradizione di pensiero dell’italiano Cesare Beccaria, di cui Terzani parla nel suo libro-dialogo con il figlio all’approssimarsi della morte, La fine é il mio inizio. Con l’indispensabile Dei delitti e delle pene di Beccaria, che proprio nella Firenze dei Medici trovò la sua prima conferma istituzionale (fu il primo Stato ad abolire la pena di morte), ricordando gli sforzi che l’Italia compie da anni in senso alle Nazioni Unite per l’abolizione della pena di morte, l’orizzonte si allarga sensibilmente. Si auspica con forza un maggiore e più incisivo ruolo internazionale dell’Italia in tema di nonviolenza. Mediante la ripresa di temi cari all’Umanesimo, che proprio a Firenze trovò la sua più importante fioritura, è rimarcata la necessità che il “fattore umano” sia al cuore di tutto. E’ tempo che l’Italia, proprio a partire dall’esempio che Firenze può dare con figure come Terzani, ritrovi il senso di questa sua vocazione, vivificando il suo storico percorso umanista con la nuova linfa offerta dalla nonviolenza, grazie all’Oriente di Gandhi.